In molti ambiti della progettazione industriale, sempre più caratterizzata da cicli di sviluppo rapidi e sistemi a complessità crescente, la capacità di prevedere il comportamento strutturale di un componente o di un assieme meccanico risulta fondamentale. In questo scenario, la modellazione e la simulazione numerica rivestono un ruolo centrale, permettendo di analizzare e ottimizzare prodotti prima della loro realizzazione.

di Giorgio De Pasquale1, Elena Perotti2

1 Smart Structures and Systems Lab, Politecnico di Torino.
2 Senior data analyst

Introduzione alla modellazione FEM

Tra i metodi numerici maggiormente consolidati e diffusi a livello industriale si colloca il Finite Element Method (FEM), o metodo degli elementi finiti, strumento fondamentale in molte analisi, fra cui quella strutturale, termica e fluidodinamica.

Il metodo degli elementi finiti si basa sulla discretizzazione del dominio continuo di un corpo in un insieme finito di sotto-domini più semplici, detti elementi. Ciascun elemento è connesso agli elementi adiacenti tramite i nodi, punti nei quali si concentrano le incognite del problema (quali spostamenti, temperature, pressioni, ecc.). A partire dalla formulazione del problema fisico in forma debole, tramite il principio dei lavori virtuali o l’approccio variazionale, è possibile derivare un sistema algebrico che approssima la soluzione del problema originario. La risoluzione di tale sistema consente di ottenere, con una buona approssimazione, il comportamento del sistema reale sotto determinate condizioni di carico e vincolo.

La nascita del metodo FEM

L’introduzione del metodo agli elementi finiti nella progettazione ha trasformato radicalmente l’approccio all’analisi strutturale e alla validazione dei prodotti. In passato, la verifica delle prestazioni meccaniche era affidata quasi esclusivamente a prove e misure sperimentali, spesso costose e vincolate da limiti temporali e logistici. Oggi, grazie alla simulazione numerica, è possibile esplorare una vasta gamma di scenari di carico, verificare l’influenza delle tolleranze geometriche, analizzare il comportamento in condizioni estreme e ottimizzare la geometria per ridurre masse o migliorare le prestazioni, il tutto in fase preliminare di progetto. L’adozione del FEM permette dunque non solo di anticipare eventuali criticità strutturali, ma anche di ridurre i costi legati ai prototipi fisici e di abbreviare i tempi di sviluppo del prodotto.

Tuttavia occorre sottolineare fin da subito che l’affidabilità delle simulazioni FEM dipende in larga misura dalla qualità del modello numerico, dalla corretta definizione delle condizioni al contorno, dalla scelta appropriata dei modelli costitutivi dei materiali e, soprattutto, dalla competenza dell’analista. Un’interpretazione errata dei risultati, o una modellazione approssimativa, può condurre a conclusioni fuorvianti e compromettere l’efficacia dell’intero processo di progettazione. Per questo motivo, la modellazione FEM richiede una solida preparazione teorica, una buona conoscenza del comportamento meccanico dei materiali e una familiarità con gli strumenti software dedicati. È sconsigliato fare affidamento unicamente sulle prestazioni dei software, specialmente quelli ad elevato grado di automazione.

Il metodo FEM nella progettazione industriale

Nella progettazione industriale, l’utilizzo del FEM non si limita più alla sola verifica a posteriori di un componente già definito, ma si estende alle prime fasi del progetto, integrandosi con ambienti CAD e sistemi di ottimizzazione. La simulazione diventa così uno strumento capace di guidare le scelte progettuali e di supportare decisioni informate in ogni fase dello sviluppo prodotto. In questo senso, il FEM si inserisce perfettamente nella progettazione digitale e parametrica e nel cosiddetto digital twin, evolvendo da semplice strumento di calcolo a elemento cardine di una progettazione predittiva, iterativa e integrata, come si vede nell’esempio di Fig. 1.

Fig. 1. Modello FEM fluidico-strutturale di una testa fresa (a) e dettaglio dei canali di lubrificazione interni (b) realizzato presso lo Smart Structures and Systems Lab in ambito di sviluppo prodotto con partner industriale.

Nel prosieguo dell’articolo verranno analizzate le principali fasi che caratterizzano un’analisi FEM efficace: dalla preparazione del modello geometrico alla definizione delle condizioni al contorno, dalla scelta dei materiali e dei modelli costitutivi, fino alle tecniche di verifica e validazione del modello numerico. Ci siamo posti l’obiettivo di offrire una panoramica delle buone pratiche nella modellazione FEM, con particolare attenzione alla sua applicazione concreta in ambito industriale, dove precisione, affidabilità e rapidità rappresentano requisiti imprescindibili.

Preparazione del modello geometrico e definizione delle condizioni al contorno

Uno degli aspetti fondamentali per garantire l’affidabilità di un’analisi agli elementi finiti è la corretta preparazione del modello geometrico e la precisa definizione delle condizioni al contorno. Sebbene il FEM sia in grado di trattare geometrie complesse con elevata accuratezza, è opportuno ricordare che l’efficacia di una simulazione numerica dipende in larga misura dalla capacità di rappresentare il sistema reale con un modello sufficientemente dettagliato, ma al contempo computazionalmente sostenibile. Trovare un equilibrio tra fedeltà geometrica e semplicità numerica è spesso uno dei compiti più delicati nella fase iniziale di qualsiasi simulazione.

Fig. 2. Modello agli elementi finiti di un componente di macchina industriale del settore alimentare. A destra si vedono le condizioni di vincolo imposte dal progettista (carichi e punti di ancoraggio), a destra la distribuzione delle tensioni nel materiale in presenza di sollecitazioni termo-meccaniche.

La geometria

La geometria del componente oggetto di analisi viene solitamente importata da software CAD tridimensionali. Tuttavia, i modelli CAD utilizzati in fase progettuale possono contenere dettagli che risultano ininfluenti ai fini strutturali, come raccordi estetici, piccole forature, scritte in rilievo o filettature. Questi dettagli, se mantenuti nella mesh di calcolo, possono aumentare inutilmente il numero di elementi e appesantire il calcolo numerico senza apportare benefici all’accuratezza del risultato. Per questo motivo, prima della meshatura è opportuno effettuare una semplificazione geometrica, nota come defeaturing, in cui vengono eliminati o modificati elementi non significativi. Allo stesso tempo, devono essere preservate tutte le caratteristiche geometriche rilevanti ai fini meccanici, come spigoli vivi, variazioni di sezione o zone soggette a concentrazioni di tensione.

Una volta definita la geometria semplificata, si procede alla generazione della mesh, ovvero alla discretizzazione del dominio mediante elementi finiti. La scelta della tipologia di elemento (triangolare, quadrilatero, tetraedrico, esaedrico, ecc.) e del grado di interpolazione influisce in modo significativo sulla qualità della simulazione. Una mesh troppo grossolana può portare a risultati imprecisi ed elementi distorti, mentre una mesh troppo fitta può comportare costi computazionali elevati. Si veda come caso pratico l’esempio di Fig. 2. In molte applicazioni, si ricorre a tecniche di affinamento locale della mesh nelle zone di interesse, ad esempio in prossimità di fori, cambi di sezione o punti di applicazione dei carichi, mantenendo una discretizzazione più grossolana nelle aree meno sollecitate. È fondamentale, in questa fase, adottare criteri quantitativi di valutazione della qualità della mesh, come il rapporto di aspetto degli elementi, la loro distorsione e l’uniformità dimensionale.

Le condizioni al contorno

Parallelamente alla costruzione della mesh, è indispensabile definire con precisione le condizioni al contorno del problema. In ambito FEM, queste si suddividono principalmente in due categorie: vincoli e carichi. I vincoli rappresentano le condizioni di appoggio o fissaggio del componente, e devono riprodurre il più fedelmente possibile le reali interazioni meccaniche con altri elementi del sistema. È importante evitare schematizzazioni eccessive, come il fissaggio totale di superfici ampie, che potrebbero sovrastimare la rigidezza del modello. L’uso di vincoli realistici, come cerniere, superfici di contatto o molle elastiche, permette una rappresentazione più accurata del comportamento del componente all’interno dell’insieme meccanico.

La definizione dei carichi, che possono essere di tipo statico, dinamico, termico o multifisico, deve anch’essa basarsi su dati realistici. Le forze concentrate, le pressioni distribuite, gli sforzi termici o le accelerazioni devono riflettere le reali condizioni operative del componente. In alcuni casi, la variabilità del carico nel tempo o nello spazio impone l’adozione di analisi transitorie o non lineari. È inoltre fondamentale tenere conto delle simmetrie geometriche e di carico, quando presenti, in modo da ridurre la dimensione del problema senza compromettere la rappresentatività del modello.

Ulteriori verifiche

Infine, è opportuno considerare che in molti casi la preparazione del modello geometrico e la definizione delle condizioni al contorno non costituiscono una fase univoca e conclusa, ma piuttosto un processo iterativo. Il progettista FEM deve spesso affinare progressivamente il modello in funzione dei risultati ottenuti, introducendo semplificazioni o affinamenti dove necessario. Tale approccio iterativo permette di ottenere simulazioni più robuste e di evitare errori sistematici derivanti da ipotesi iniziali troppo semplificate o troppo complesse.

In conclusione, la qualità dell’analisi FEM dipende in maniera critica dalla cura con cui vengono preparati il modello geometrico e le condizioni al contorno. Una modellazione coerente con la realtà fisica, accompagnata da una mesh ben costruita e da una definizione accurata dei vincoli e dei carichi, costituisce la base per simulazioni affidabili e significative, in grado di supportare efficacemente le decisioni progettuali in ambito industriale.

Materiali e modelli costitutivi: la scelta dei parametri

La corretta definizione dei materiali e dei relativi modelli costitutivi rappresenta una delle fasi più critiche nella costruzione di un modello FEM realistico ed efficace. Mentre la geometria e le condizioni al contorno definiscono la struttura fisica del problema, è il comportamento del materiale che determina come la struttura risponderà alle sollecitazioni applicate. Trascurare la complessità del comportamento dei materiali o adottare semplificazioni eccessive può compromettere seriamente l’attendibilità dei risultati, portando a valutazioni errate delle prestazioni meccaniche, della sicurezza o della vita utile di un componente.

Nella pratica ingegneristica, il punto di partenza è spesso rappresentato dall’assunzione di un comportamento elastico lineare, secondo il modello di Hooke:

                                            

Questo approccio, valido per numerosi materiali metallici in condizioni di esercizio moderate, prevede che la deformazione (ε) sia proporzionale alla tensione (σ), caratterizzata da costanti elastiche come il modulo di Young (E), il coefficiente di Poisson (ν) e il coefficiente di dilatazione termica (α). Tuttavia, tale ipotesi diventa limitante quando il materiale è soggetto a carichi oltre il limite elastico, oppure nel caso di materiali con comportamento intrinsecamente non lineare, come le plastiche, le gomme, i compositi o le leghe a memoria di forma.

Modelli costitutivi avanzati

In questi casi, è necessario ricorrere a modelli costitutivi più avanzati, che descrivano il comportamento del materiale in regime plastico, viscoelastico, iperelastico o addirittura danneggiabile. La plasticità, ad esempio, viene modellata attraverso leggi che tengono conto della soglia di snervamento, dell’irrigidimento e del comportamento post-snervamento. I materiali viscoelastici richiedono l’adozione di modelli dipendenti dal tempo, in cui la deformazione è funzione sia dello sforzo applicato che della durata dell’azione, secondo leggi che possono essere lineari o non lineari. Ai primi appartiene il modello di Maxwell:

                                                                                                

in cui compaiono le velocità di deformazione (derivate della deformazione), con ε1 deformazione legata al contributo viscoso ed ε2 deformazione legata al contributo elastico. Altro modello lineare è quello di Kelvin-Voigt:

               

in cui σ1 è la tensione legata al contributo elastico e σ2 è la tensione legata al contributo viscoso. I materiali gommosi o iperelastici, invece, necessitano di modelli specifici, come quello di Mooney-Rivlin, che consentono di rappresentare grandi deformazioni reversibili con accuratezza.

Oltre al tipo di comportamento meccanico, è fondamentale considerare anche l’anisotropia del materiale. In molti casi reali, i materiali non si comportano in modo identico in tutte le direzioni. Questo è particolarmente vero per i materiali compositi, per i laminati o per i metalli lavorati con processi come la laminazione o l’estrusione. In tali casi, i modelli isotropi risultano inadeguati, e diventa necessario introdurre modelli ortotropi o anisotropi generali, con una definizione direzionale delle proprietà meccaniche.

L’affidabilità dei dati materiali

Un ulteriore aspetto cruciale è rappresentato dalla fonte e dall’affidabilità dei dati materiali. Le proprietà meccaniche devono essere ricavate da prove sperimentali standard, come trazione, compressione, flessione, torsione o prove dinamiche, condotte su campioni rappresentativi del materiale reale. È importante, inoltre, considerare le variazioni dovute a fattori ambientali, come la temperatura, l’umidità o l’invecchiamento, che possono influenzare sensibilmente il comportamento del materiale nel tempo. In alcune applicazioni, come quelle aerospaziali o biomedicali, viene richiesto un livello di accuratezza ancora maggiore, con l’impiego di modelli multiparametrici validati su un ampio spettro di dati sperimentali.

Nel contesto industriale, la scelta del modello costitutivo non può prescindere da un compromesso tra accuratezza e complessità computazionale. Modelli molto sofisticati richiedono un numero elevato di parametri, tempi di calcolo più lunghi e una maggiore attenzione nella calibrazione. In fase preliminare, può essere sufficiente un modello elastico semplificato per confronti relativi tra soluzioni progettuali; nelle fasi finali di validazione, invece, può rendersi necessario un modello materiale non lineare completamente calibrato. Un esempio di modello multifisico fluido-struttura è rappresentato in Fig. 3.

Fig. 3. Esempio di risultato di una modellazione FEM multi-fisica di tipo fluidico-strutturale, applicata ai canali di lubrificazione e raffreddamento di macchina utensile (Fonte: Smart Structures and Systems Lab).

La simulazione FEM non può essere considerata completa senza un’adeguata modellazione dei materiali. Essa deve tener conto non solo delle proprietà meccaniche statiche, ma anche della risposta in condizioni dinamiche, cicliche o ambientali critiche. Solo attraverso una scelta consapevole dei modelli costitutivi e una corretta implementazione dei parametri meccanici è possibile ottenere risultati che siano realmente rappresentativi del comportamento del prodotto reale. La modellazione dei materiali costituisce dunque uno dei pilastri fondamentali su cui si fonda l’attendibilità dell’intera analisi agli elementi finiti.

Validazione dei risultati FEM

La modellazione FEM, per quanto avanzata e dettagliata, non può essere considerata completa né affidabile senza un’adeguata fase di verifica e validazione. Questi due concetti, spesso utilizzati in modo intercambiabile nel linguaggio comune, assumono significati distinti nel contesto tecnico-scientifico: la verifica consiste nel controllare che il modello numerico sia stato costruito e risolto correttamente dal punto di vista matematico e computazionale; la validazione, invece, ha l’obiettivo di accertare che i risultati della simulazione rappresentino in modo accurato il comportamento fisico reale del sistema studiato.

Fig. 4. Esempio di analisi di sensitività per modello FEM relativo ad un componente rotante di macchina utensile: aumentando il numero di elementi si ottiene un modello più accurato per la definizione della distribuzione spaziale di tensioni e deformazioni, ma una maggiore complessità computazionale (Fonte: Smart Structures and Systems Lab).

Best practices

La verifica del modello FEM implica, innanzitutto, una valutazione accurata della qualità della mesh. È necessario accertarsi che la discretizzazione sia sufficientemente fine nelle zone critiche, ovvero dove si attendono gradienti elevati di tensione o deformazione, e che gli elementi non presentino distorsioni geometriche tali da compromettere la stabilità numerica.

Un’analisi di convergenza è spesso lo strumento più efficace per questo scopo: essa consiste nel ripetere la simulazione con mesh via via più raffinate, verificando che le grandezze di interesse (ad esempio tensioni massime, spostamenti, frequenze proprie) tendano a un valore stabile. L’andamento dei risultati in funzione della dimensione della mesh fornisce indicazioni preziose sulla bontà del modello e sull’affidabilità delle previsioni ottenute. In Fig. 4 si mostra un esempio pratico di analisi della convergenza in base al tipo di mesh. Altro metodo di verifica consiste nel calcolo dell’errore energetico del modello, un parametro che identifica lo scostamento tra le tensioni calcolate su elementi adiacenti, tanto maggiore quanto più approssimativo è il modello.

Parallelamente, è fondamentale accertarsi che le condizioni al contorno siano state implementate correttamente. Errori nella definizione dei vincoli o nella distribuzione dei carichi sono tra le cause più comuni di discrepanze tra simulazione e realtà. L’uso di vincoli troppo rigidi o poco realistici può alterare in modo significativo il campo di tensioni, mentre una distribuzione non corretta dei carichi può generare risultati del tutto fuorvianti. In questa fase, è buona pratica controllare attentamente l’equilibrio globale del sistema e l’orientamento corretto delle forze applicate, specialmente nei modelli tridimensionali complessi.

Confronto con dati sperimentali

La validazione, invece, richiede un confronto diretto tra i risultati della simulazione numerica e dati sperimentali acquisiti attraverso prove fisiche. Tali dati possono derivare da test di laboratorio su provini standard o da prove specifiche su prototipi del componente reale. Le grandezze di confronto più comuni includono spostamenti, deformazioni, frequenze proprie e carichi di rottura, misurati tramite estensimetri, sensori di forza, vibrometri o sistemi di acquisizione ottica come la Digital Image Correlation (DIC). Il grado di accordo tra simulazione e misura costituisce un indicatore essenziale della validità del modello. È importante, tuttavia, che il confronto sia effettuato in condizioni sperimentali il più possibile coerenti con quelle simulate, sia per quanto riguarda le condizioni al contorno, sia per i materiali e le geometrie impiegate.

In alcuni casi, la validazione non può essere effettuata su ogni singolo componente, ma si ricorre alla correlazione con risultati già noti in letteratura, a benchmark di riferimento o a esperienze pregresse su modelli analoghi. Nell’ambito industriale, dove i tempi e i costi spesso non permettono test estesi su ogni variante progettuale, questo tipo di approccio può rappresentare un compromesso accettabile, purché condotto con rigore e cautela. In alternativa, si possono sviluppare modelli ridotti o sub-modelli dedicati a zone particolarmente critiche, per eseguire confronti puntuali ad alta risoluzione.

Incertezze di progettazione

Un ulteriore aspetto da considerare riguarda l’incertezza associata ai risultati FEM. Essa può derivare da numerose fonti: approssimazioni nella modellazione, tolleranze geometriche, variabilità delle proprietà dei materiali, condizioni ambientali non perfettamente note. In un contesto progettuale rigoroso, è opportuno non solo fornire un valore puntuale del risultato simulato, ma anche stimare un intervallo di confidenza che tenga conto di tali incertezze. Tecniche come l’analisi di sensitività, la propagazione degli errori o il metodo Monte Carlo possono contribuire a valutare l’impatto delle variabili in gioco e a migliorare la robustezza complessiva del progetto.

Applicazioni avanzate della simulazione FEM

Negli ultimi decenni, l’impiego della simulazione FEM ha visto una evoluzione della sua funzione: da strumento di verifica a posteriori ad elemento centrale del processo progettuale. L’elevata maturità raggiunta dai software commerciali, unita all’incremento delle capacità computazionali e all’evoluzione delle tecniche di modellazione, ha reso possibile l’integrazione della simulazione numerica in ogni fase dello sviluppo prodotto, dalla concezione iniziale fino all’ottimizzazione finale. In questo contesto, le applicazioni avanzate del metodo agli elementi finiti rappresentano una leva strategica per l’innovazione e la competitività dell’industria manifatturiera moderna.

Una delle direzioni più promettenti è l’adozione del FEM nell’ambito della progettazione integrata, dove la simulazione non è più intesa come attività isolata o accessoria, ma diventa parte integrante di un flusso multidisciplinare (Fig. 5). In ambienti CAD/CAE evoluti, i modelli geometrici vengono direttamente collegati ai modelli di calcolo, permettendo aggiornamenti automatici e analisi iterative in tempi rapidi. Questo approccio consente di valutare rapidamente l’impatto strutturale di ogni modifica progettuale, favorendo decisioni più consapevoli e una significativa riduzione dei cicli di prototipazione fisica.

Fig. 5. Esempio di modello FEM applicato alla girante di una turbina di raffreddamento, in cui sono visibili elementi di collegamento tra i componenti (viti e saldature) e mesh differenziate in base alle zone a diverso gradiente di sollecitazione.

Analisi multifisiche

Un ambito di crescente interesse è quello delle analisi multifisiche, dove il metodo FEM viene esteso per modellare fenomeni complessi che coinvolgono simultaneamente più domini fisici. Ad esempio, nelle applicazioni termo-strutturali è possibile studiare l’interazione tra variazioni termiche e risposte meccaniche, essenziale per componenti soggetti a forti escursioni di temperatura, come quelli in ambito automotive, aerospaziale o energetico. Allo stesso modo, le simulazioni fluidodinamico-strutturali consentono di analizzare l’effetto di forze fluidiche su strutture deformabili, come nel caso di turbine, valvole o membrane. Le analisi elettromagnetico-meccaniche trovano invece applicazione in dispositivi elettrici e sensori, mentre le simulazioni acustico-strutturali sono fondamentali per la progettazione silenziosa di ambienti e componenti.

Un ulteriore ambito di sviluppo riguarda l’integrazione della simulazione FEM con l’ottimizzazione numerica. Tecniche come l’ottimizzazione topologica, l’ottimizzazione parametrica o quella basata su algoritmi genetici permettono di esplorare automaticamente lo spazio delle soluzioni progettuali, alla ricerca di configurazioni ottimali in termini di massa, rigidezza, frequenze naturali o resistenza a fatica. In molti casi, questi metodi generano forme non convenzionali che massimizzano le prestazioni strutturali pur riducendo il materiale utilizzato, aprendo la strada a soluzioni innovative, spesso in sinergia con le tecnologie di manifattura additiva.

La progettazione industriale nell’Industria 4.0

Nel contesto dell’industria 4.0, la simulazione FEM si fonde sempre più spesso con l’analisi dei dati e l’intelligenza artificiale. L’integrazione tra simulazione e sensori in tempo reale consente la creazione di modelli digitali dinamici, noti come “digital twin”, capaci di aggiornarsi in funzione delle condizioni operative effettive. Questa tecnologia consente non solo una previsione accurata del comportamento del componente nel tempo, ma anche strategie di manutenzione predittiva e adattiva. Inoltre, l’uso di algoritmi di machine learning per l’analisi dei risultati FEM permette di riconoscere pattern ricorrenti, identificare anomalie e supportare il progettista nelle decisioni attraverso sistemi di supporto basati su intelligenza aumentata.

L’impiego avanzato della simulazione FEM comporta anche un’evoluzione nella figura professionale dell’ingegnere progettista. Oggi, a fianco della competenza tecnica nella modellazione numerica, è richiesta una visione sistemica del processo progettuale, la capacità di interagire con diverse discipline e una sempre maggiore dimestichezza con strumenti informatici, linguaggi di scripting e ambienti di automazione. La tendenza è verso un uso sempre più fluido e trasversale del FEM, non confinato al solo ambito strutturale, ma esteso all’intero ciclo di vita del prodotto, in ottica di sostenibilità, affidabilità e innovazione.

Conclusioni

In definitiva, la simulazione FEM non si limita più a essere una tecnologia di calcolo, ma si configura come una metodologia ingegneristica centrale per l’innovazione di prodotto. La sua integrazione nelle fasi decisionali della progettazione consente di ridurre tempi e costi di sviluppo, aumentare la qualità e la sicurezza dei prodotti e affrontare sfide progettuali sempre più complesse con strumenti predittivi e robusti. Le applicazioni avanzate della modellazione FEM, specie se supportate da approcci integrati e multidisciplinari, rappresentano oggi uno degli strumenti più potenti a disposizione dell’ingegneria industriale per trasformare la conoscenza tecnica in soluzioni concrete e competitive.

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Autore: Roberta Falco

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