Progettato e realizzato dai ricercatori del MIT (Massachussetts Institute of Technology) in collaborazione col National Renewable Energy Laboratory (NREL), il nuovo motore termico senza parti in movimento costituito da una cella termofotovoltaica (TPV) che cattura passivamente fotoni ad alta energia e li converte in elettricità.
di Lisa Borreani
Gli ingegneri del MIT e del National Renewable Energy Laboratory (NREL) hanno progettato un motore termico senza parti mobili. La loro nuova proposta dimostra che si può convertire il calore in elettricità con un’efficienza superiore al 40 percento, una prestazione migliore di quella ottenuta dalle tradizionali turbine a vapore.
Le caratteristiche del motore termico
Il motore termico è una cella termofotovoltaica (TPV), simile alle celle fotovoltaiche di un pannello solare, che cattura passivamente fotoni ad alta energia da una fonte di calore incandescente e li converte in elettricità. Il progetto realizzato dal team dei ricercatori può generare elettricità da una fonte di calore compresa tra 1.900 e 2.400 gradi Celsius, o fino a circa 4.300 gradi Fahrenheit.
I ricercatori hanno in programma di incorporare la cella TPV in una batteria termica su scala di rete. Il sistema assorbirebbe l’energia in eccesso da fonti rinnovabili come il sole e immagazzinerebbe quell’energia in banchi di grafite calda fortemente isolati. Quando fosse necessaria energia nei giorni nuvolosi, le celle TPV convertono il calore in elettricità e inviano l’energia ottenuta a una rete elettrica.
Con la nuova cella TPV, il team ha ora dimostrato con successo le possibilità di applicazione delle parti principali del sistema in esperimenti separati su piccola scala; si sta lavorando per integrare le varie parti al fine di ottenere un sistema completamente operativo, ampliare il sistema per sostituire le centrali elettriche a combustibili fossili e consentire una rete elettrica completamente decarbonizzata, fornita interamente da energia rinnovabile.
La parola al team del MIT
“Le celle termofotovoltaiche sono state l’ultimo passo fondamentale per dimostrare che le batterie termiche sono un concetto praticabile”, afferma Asegun Henry, Professore presso il Dipartimento di ingegneria meccanica del MIT. “Questo è un passo assolutamente fondamentale nel percorso per la proliferazione delle energie rinnovabili e per arrivare alla rete completamente decarbonizzata”.
Henry e i suoi collaboratori hanno pubblicato i loro risultati sulla rivista Nature. I coautori del MIT includono Alina LaPotin, Kyle Buznitsky, Colin Kelsall, Andrew Rohskopf ed Evelyn Wang, Ford Professor of Engineering e capo del Dipartimento di ingegneria meccanica, insieme a Kevin Schulte e collaboratori del NREL a Golden, in Colorado.
Oltre il 90% dell’elettricità mondiale proviene da fonti di calore come carbone, gas naturale, energia nucleare e energia solare a concentrazione. Per un secolo, le turbine a vapore sono state lo standard industriale per arrivare all’ elettricità.
In media, le turbine a vapore riescono in questa conversione e in modo affidabile per circa il 35%, con un 60% a rappresentare la massima efficienza di qualsiasi motore termico fino ad oggi. Ma il sistema, la macchina, dipende da parti in movimento che sono limitate dalla temperatura. Fonti di calore superiori a 2.000 gradi Celsius, come il sistema di batterie termiche proposto da Henry, sarebbero troppo calde per le classiche turbine.
Negli ultimi anni, gli scienziati hanno esaminato alternative a stato solido: motori termici senza parti mobili, che potrebbero potenzialmente funzionare in modo efficiente a temperature molto più elevate.
“Uno dei vantaggi dei convertitori di energia a stato solido è che possono funzionare a temperature più elevate con costi di manutenzione inferiori perché non hanno parti mobili”, afferma Henry. “sono semplicemente posizionati lì stabilmente e generano elettricità in modo affidabile.”
Lo sviluppo attuale del motore termico
Le celle termofotovoltaiche hanno offerto un percorso esplorativo verso i motori termici a stato solido. Proprio come le celle solari, le celle TPV potrebbero essere realizzate con materiali semiconduttori con un particolare bandgap, cioè calcolando il divario tra la banda di valenza di un materiale e la sua banda di conduzione. Se un fotone con un’energia sufficientemente elevata viene assorbito dal materiale, può generare un elettrone attraverso il bandgap, dove questo può quindi fare da conduttore, e di conseguenza generare elettricità, senza il movimento di rotori o pale.
Ad oggi, la maggior parte delle celle TPV ha raggiunto solo capacità produttive di circa il 20 percento, arrivando al massimo ad un 32 percento, poiché sono costituite da materiali a banda relativamente bassa che possono convertire fotoni solo a bassa temperatura e a bassa energia per cui la conversione totale per arrivare alla produzione di energia risulta meno efficiente.
Catturare la luce
Nel loro nuovo progetto TPV, Henry e i suoi colleghi hanno cercato di catturare fotoni ad alta energia da una fonte di calore a temperatura elevatissima, ottenendo così un risultato di conversione in modo più efficiente. La nuova cella lavora con materiali a banda più elevata e giunzioni multiple o con materiale stratificato diversamente dai precedenti e già esistenti progetti TPV.
La cella è fabbricata da tre strati: una lega ad alto bandgap, al di sotto della quale c’è uno strato d’oro simile a uno specchio. Il primo strato cattura i fotoni di una fonte di calore con più alta energia e li converte in elettricità, mentre il secondo strato cattura i fotoni a più bassa energia che passano attraverso il primo strato. Lo specchio quindi riflette tutti i fotoni che passano attraverso questo secondo strato verso la fonte di calore, invece di essere assorbiti come calore disperso.
Il team ha testato l’efficienza della cella posizionandola su un sensore di flusso di calore: un dispositivo che misura direttamente il calore assorbito dalla cella.
I ricercatori hanno eseguito esperimenti su celle con una superficie di circa un centimetro quadrato, ma per produrre un sistema con batterie termiche in scala di rete servirebbe una cella a scalare di almeno 900 metri quadrati.
La cella è esposta ad una lampada ad alta temperatura e la luce emessa va tutta sulla cella. Successivamente, variando alternativamente l’intensità della lampadina, si è riscontrato come l’efficienza energetica della cella – la quantità di energia che produceva, rispetto al calore che assorbiva – si modificava con la variazione di temperatura. In un intervallo compreso tra 1.900 e 2.400 gradi Celsius, la nuova cella TPV ha mantenuto un’efficienza di circa il 40%.
I prossimi step
“Possiamo ottenere un’elevata efficienza su un’ampia gamma di temperature rilevanti per le batterie termiche”, afferma Henry.
La cella sperimentale è molto piccola, circa un centimetro quadrato, mentre per un sistema di batterie termiche su scala di rete, Henry prevede che le celle TPV dovrebbero crescere fino a circa 10.000 piedi quadrati (circa un quarto di un campo da calcio) e il loro ottimale funzionamento avverrebbe in magazzini climatizzati perché in tal modo si potrebbe trarre energia da enormi banchi di batterie li immagazzinate. Sottolinea che esiste già un’infrastruttura per la produzione di celle fotovoltaiche su larga scala, che potrebbero anche essere adattate per la produzione di TPV.
“C’è sicuramente un enorme grado di positività in termini di sostenibilità”, dice Henry. “La tecnologia è sicura, rispettosa dell’ambiente nel suo ciclo di vita e può avere un enorme impatto sulla riduzione delle emissioni di anidride carbonica derivanti dalla produzione di elettricità”.
Questa ricerca è stata sostenuta, in parte, dal Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti.
L’articolo Il motore termico efficiente come una turbina a vapore sembra essere il primo su Il Progettista Industriale.
Autore: Roberta Falco
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